FEMMINICIDIO – violenza sistematica sulle donne

Il femminicidio è una forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne allo scopo di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte. È un problema serio e preoccupante che richiede attenzione e impegno di tutti per essere affrontato. Come cristiani è certamente risolutivo adoperarsi per la conversione dei violenti verso l’altro sesso. “Aiuterà” certamente promuovere il cambiamento culturale, la consapevolezza e l’educazione alla costruzione di una società che si opporrà a questa forma. In ogni modo la carica di violenza del femminicidio non scatta automaticamente, ma la salvezza in Cristo dei violenti è garanzia vera.

Che cosa significa femminicidio?

Si intende l’omicidio volontario di una donna per motivi legati al suo genere. Si riferisce però anche agli episodi di violenza che hanno come vittima una donna e che hanno lo scopo di esercitare un assoggettamento fisico o psicologico su di lei. Il fenomeno del femminicidio è tristemente diventato una problematica sempre più sentita anche in Italia. Per tentare di arginare il numero di omicidi nel 2009 è stato introdotto, nel codice penale, il reato di stalking che prevede la punibilità di tutte quelle condotte che causano nella vittima designata uno stato di “ansia, paura, timore” fondato sul concreto timore “per la propria incolumità o quella di un prossimo congiunto”. Tale stato di ansia e timore può portare a sviluppare delle patologie e a modificare il proprio stile di vita nella speranza di non imbattersi nel proprio persecutore. Nel 2013 sono state emanate alcune norme che aggravano le pene per le forme di persecuzioni fisiche o morali attuate verso una donna. Per sensibilizzare, solidarizzare e protestare, è stata stabilita la “Giornata contro la violenza sulle donne” che si tiene il 25 novembre.

L’uso del termine femminicidio

La prima volta in cui venne utilizzato il termine femminicidio fu nel 1801 in un libro satirico pubblicato nel Regno Unito per indicare genericamente “l’uccisione di una donna come la condotta di un uomo che induce una donna a perdere la propria illibatezza”. Sorge spontaneo chiedersi perché si parla di femminicidio e non di omicidio. Il femminicidio non indica semplicemente l’omicidio di una donna, ma si riferisce “al motivo” per cui una donna viene uccisa. Si tratta della non accettazione da parte del marito, fidanzato, ex, persona vicina alla vittima della libertà della donna, della sua decisione di lasciare il partner o rendersi indipendente. Se, per esempio, una donna viene uccisa durante una rapina o un attentato terroristico, non si parla di femminicidio ma di omicidio. Se l’ex marito uccide la moglie perché lei aveva deciso di lasciarlo e lui non accetta la separazione, si parla di femminicidio. Gli scenari di questi avvenimenti sono sovente i contesti familiari, le mura domestiche. Il termine ha avuto un fortissimo utilizzo negli ultimi anni proprio a causa del crescente numero di vittime femminili di omicidio per ragioni culturali che hanno allarmato l’opinione pubblica e portato il legislatore a emettere un numero maggiore di provvedimenti.

Il femminicidio è come la droga

Antropologicamente, indagando quindi i vari comportamenti all’interno della società, quel che avviene è un fenomeno difficilmente arginabile: “la soglia della violenza si alza sempre più. Più diventa insipida la violenza spicciola, più si deve cercare di raffinarla. È come la droga: si deve aumentare la dose”. I Media (Carta stampata, TV, Radio, Social…) hanno una parte importante in negativo perché il comportamento violento si impara. La famiglia ne è componente fondamentale e, a volte, sono proprio i genitori a dare il cattivo esempio. Laddove la giusta disciplina esercitata nei confronti dei figli è vendicativa e insofferente, piuttosto che correttiva, i futuri uomini risultano più violenti.

La psico-sociologia in certe sue spiegazioni asserisce che la colpa è della famiglia distrutta, di un modo errato di allevare i propri figli che produce “violenti” sotto varie forme. La psicologia cerca di dare il proprio aiuto per addolcire l’uomo o, perlomeno, ricondurlo alla ragione. Spesso i violenti esaminati sono esageratamente ottimisti da non pensare ai pericoli, alla cattura, si sono sentiti padroni del mondo, i migliori; senza spirito di squadra. L’alimentazione ha da dire la sua sul problema. Nutrirsi a base di zucchero raffinato, caffeina e alcool, non fare colazione la mattina, bere diverse bibite, mangiare di rado verdura produce sull’organismo una reazione stressante, le ghiandole surrenali reagiscono liberando molta adrenalina e finiscono quasi per esaurirsi. È quindi evidente che gli atti violenti non sono derivanti da un solo fattore.

Riflessioni sul femminicidio

Un elemento di riflessione è certamente: ”Come mai sono proprio i mariti, conviventi o fidanzati gli autori delle stragi?” Questo è riconducibile, nella maggior parte dei casi, alla mancata accettazione della fine della relazione, all’estrema gelosia o a un senso di potere sulla propria donna, che non si considera come un individuo autonomo, ma come un “oggetto” che apparterrebbe all’uomo. Perché non si parla mai di “maschicidio”? La risposta è semplice. Non perché sia meno importante, ma perché non ci sono numeri statistici tali da poter parlare di un fenomeno esteso come quello del femminicidio. Inoltre, un’ulteriore considerazione è che è molto difficile la raccolta e la comparazione dei dati sul femminicidio. A livello statistico non tutte le autorità dei vari Stati rilevano i dati della relazione tra autore e vittima, e non utilizzano altri indicatori fondamentali per distinguere da un omicidio. Secondo dati di qualche anno FA, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) afferma che riguardano a livello mondiale circa il 35% degli omicidi di donne. Altro principio di riflessione è “L’uomo non è una creatura mansueta. Nel prossimo vede anche un invito a sfogare su di lui la propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, a torturarlo, ad abusare sessualmente senza il suo consenso, ad umiliarlo, ad ucciderlo” (Sigmund Freud). La violenza è una forma di forza che non si riesce ad esprimere con mezzi civili, il femminicidio è il tentativo di dare un senso alla propria violenza, di rafforzarla.

Il femminicidio e la Bibbia

Per alcuni i mass-media fungerebbero da “cassa di risonanza” del fenomeno. Per altri sarebbe colpa dell’accelerazione del ritmo di vita, della progressiva complicazione dei ruoli sociali e della depressione. Certamente quella attuale non è “l’era degli agnelli”. La Bibbia insegna che al peccato d’Adamo in poi la violenza c’è sempre stata, ma che nei tempi della fine è destinata ad aumentare. L’uomo sta peggiorando e il mondo si sta imbarbarendo: “Dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria che fu ucciso tra l’altare e il tempio; sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione” (Vangelo di Luca 11:51).

Le Sacre Scritture l’avevano previsto: “Or sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio, aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza (seconda lettera a Timoteo 3:1-5). Gli eventi attuali lo stanno confermando: “Perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi” (seconda lettera a Timoteo 3:2).

Metodi, suggerimenti, studi, indagini sono importanti, ma ciò non basta! Il rimedio reale, efficace, potente è e rimane Cristo Gesù. Solo un qualcosa che operi dal di dentro può trasformare questo “primate” aggressivo. La nuova nascita può efficacemente farlo. Attraverso quest’esperienza l’uomo potrà poi parlare al passato del suo carattere aggressivo: “E voi pure ha vivificati, voi ch’eravate morti nei vostri falli e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potestà dell’aria, di quello spirito che opera al presente negli uomini ribelli; nel numero dei quali noi tutti pure, immersi nelle nostre concupiscenze carnali, siamo vissuti altra volta ubbidendo alle voglie della carne e dei pensieri, ed eravamo per natura figliuoli d’ira, come gli altri” (lettera agli Efesini 2:1-3).

Il femminicidio e la violenza in tutte le sue forme avranno una punizione perché il Signore ha provveduto a un efficace aiuto ai violenti. Non sono abbandonati a sé stessi da Dio che continua a offrire l’opera della croce come rimedio. Non è troppo tardi: il ladrone pentito in croce con Gesù insegna. “E diceva: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!». Gesù gli disse: «Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso». (Vangelo di Luca 23: 42, 43).

Davide Di Iorio

da Cristiani Oggi – novembre 2023