Un messaggio per te

Nessuna preoccupazione

Nessuna preoccupazione - Cristiani Oggi - ADI

Non dimenticherò la notte quando il mio amico Dell mi disse: “Ho dei problemi. Devo andare dal dottore e fare dei controlli”. Poco dopo, mi disse che avevano scoperto che aveva il cancro e, anche se non esiste un tipo di cancro “buono”, questo era particolarmente aggressivo. Raccontò che forse avrebbero potuto contenerlo per un po’ ma, a parte un miracolo, gli era stata consegnata una condanna a morte. Da quel momento ho accompagnato Dell attraverso la chemio, la radioterapia, le visite del dottore, con preghiere e lacrime, fino alla stanza dell’ospedale e al momento in cui il Signore l’ha chiamato a casa. Ed ecco ciò che riempiva la sua mente e il suo cuore a ogni passo: la pace di Dio che supera ogni intelligenza. Questo è ciò che l’ha contraddistinto. Lui sapeva che cosa lo stava attendendo. Ne abbiamo parlato. Ho avuto modo di vederlo arrendersi nelle mani del Signore.

Puoi convenire con me sul fatto che l’uomo naturale rifiuta l’idea di affrontare la morte? L’uomo cerca di combattere contro la morte. L’uomo ha paura di ciò che potrebbe accadere dopo. L’essere umano, per sua natura, cerca di combattere con tutte le forze ciò che potrebbe accadere a sua moglie e ai suoi figli. L’uomo, mentre si sente distrutto, si preoccupa della sua uscita dal mondo ed è sopraffatto dalle domande su ciò che accadrà in seguito, a lui e a quelli che lascia dietro di sé.

Dell non è morto così. Pensò: «Se Dio vuole guarirmi, può farlo. E se Dio vuole portarmi a casa, andiamo a casa». La sua calma di fronte a quella situazione così compromessa mi ha sempre sorpreso. Era semplicemente sereno. Una buona descrizione del modo in cui ha sofferto potrebbe essere “risolutamente pacifico”.

Lo scrittore Joe Thorn scrive dell’importanza di “soffrire nella maniera giusta”, mostrandoci i fondamenti della pace risoluta: «Dio non promette di liberare la tua vita da ogni afflizione e difficoltà. Tuttavia, offre sempre la grazia necessaria per affrontare bene le sofferenze e per scoprire, attraverso la grazia, la ricchezza e bellezza dell’Evangelo. Talvolta il Signore ci libera dalle prove, altre volte ci libera nelle prove. Non è sbagliato chiedere a Dio di liberarti dal dolore, ma è più importante che confidi nella Sua promessa di far cooperare le prove per la Sua gloria e il tuo bene, di usarle come un mezzo per perfezionare la tua fede, per rafforzare il tuo spirito e trasformare la tua vita in modo da somigliare sempre più a Gesù». (Joe Thorn, Parla per te, ADI-Media, Roma, 2013, p.117). Sì, assomigliare sempre più a Gesù condividendo la Sua sofferenza attraverso il nostro dolore. Diventiamo come Gesù custodendo fedelmente Cristo come nostro bene supremo, e facendo di Lui la nostra gioia e la speranza più pura. Il mio amico Dell ha esemplificato questa fedeltà nella sua sofferenza e in occasione della morte. Prese Filippesi 1:21 e scrisse sulla sua pelle: “Il vivere è Cristo, e il morire è guadagno”.

Nessuna preoccupazione

Ricorda, la fede matura è sempre gioiosa, poiché il comando inequivocabile di rallegrarsi si completa con la non negoziabile assenza di preoccupazione. L’apostolo Paolo scrive: “Non angustiatevi di nulla” (v.6). Questa connessione ha senso, perché se siamo impegnati a rallegrarci, non avremo il tempo di angustiarci o di essere ansiosi. Il contesto più ampio di Filippesi ci spinge a porre una domanda retorica: “Di che cosa dovresti essere in ansia?”. Non c’è un centimetro quadrato di creazione in cui il Signore non sia presente e sovrano. Egli non è soltanto nel passato, vede il presente e conosce il futuro, ma è fuori dal tempo e regna sovranamente su ogni cosa. Se riusciamo a comprendere questa verità di che cosa dovremmo essere preoccupati? Se sei onesto riguardo alla tua vita, devi ammettere che Dio non ti ha mai deluso. Non è mai venuto meno. Potrebbe non averti sempre dato ciò che volevi, orchestrato la tua vita in base ai tuoi desideri o accolto il tuo consiglio su come provvedere e prendersi cura di te, ma Egli non ti ha mai, e poi mai, deluso. In alcune occasioni potresti esserti sentito lontano da Dio, ma Lui non ti ha mai abbandonato. Non si è dimenticato di te. Non sei mai stato escluso dal Suo amore e privo della Sua cura sovrana.

Perciò, anche se quel telefono squilla e sei costretto ad ascoltare la peggiore notizia in assoluto, di che cosa devi essere preoccupato? Comprendo la paura. Capisco il dolore. Ma non sono la stessa cosa della preoccupazione. La paura è legittima per chi è vulnerabile, e il dolore è una conseguenza naturale che accompagna la vita degli esseri mortali. Ma la preoccupazione è una condizione interiore che parla di diffidenza. E non è mai d’aiuto, in nessun caso.

La preoccupazione non contribuisce in alcun modo alla soluzione dei problemi che stiamo affrontando. “Non angustiatevi di nulla”. Ecco la logica di Gesù sull’argomento: “Chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?” (Vangelo di Matteo 6:27). È così difficile non essere ansiosi. So che non dovrei essere preoccupato, ma mi angustio in molti modi e in varie occasioni. Come quei momenti in cui viaggio in aereo e improvvisamente mi rendo conto che sotto di me non c’è nulla. A volte proprio nel bel mezzo del volo, penso: siamo appesi in aria. È difficile non essere ansiosi. Ho delle figlie, e per questo motivo, ho cominciato a odiare tutti i ragazzi. Li vedo come dei teppistelli, dei piccoli bulli, decisamente loschi. Dobbiamo essere onesti, è difficile non essere ansiosi per certe cose! È difficile che nel nostro cuore non attecchiscano delle ansie più o meno legittime.

Il fatto di “non essere ansioso” richiede il sudore della fede. Grazie a Dio, l’apostolo Paolo continua a mostrarci l’antidoto per debellare l’ansia.

Siate preoccupati di Dio

Come fa il credente maturo a gestire l’ansia? L’apostolo Paolo ci ha già detto di ricordare che “il Signore è vicino” (Filippesi 4:5). Questa è la prima e più importante certezza. Dio è proprio lì, proprio accanto a te. Sei unito a Cristo tramite la fede, così gioisci mediante l’unione spirituale con Lui. Lo Spirito Santo dimora in te, e in questo modo gioisci in virtù di una comunione costante. Il Padre non è lontano da nessuno di noi (cfr. Atti 17:27), e sappiamo che è particolarmente vicino a quelli che hanno il cuore spezzato (cfr. Salmo 34:18). Pertanto, l’onnipresenza di Dio nel Suo amore infallibile è un fenomenale incoraggiamento, e fornisce molte munizioni contro gli attacchi d’ansia. Come facciamo a essere coinvolti nella realtà della presenza di Dio? Questo è ciò che afferma Paolo, rivolgendosi a dei cristiani maturi: “Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti” (Filippesi 4:6).

La preghiera si rivela una disciplina insostituibile. Lasciamo le nostre angosce al Signore. L’apostolo Paolo elenca anche i diversi tipi di preghiera che ci possono essere d’aiuto a cominciare dalla supplica. Perciò la disciplina con cui combattiamo l’angoscia nasce da un cuore supplicante. Le preghiere di supplica si possono sintetizzare in un’unica richiesta: “Aiutami!”.

Quando preghiamo supplicando, non siamo più preoccupati delle circostanze, siamo “preoccupati” di Dio. Prendiamo quelle ansie e le dirigiamo verso il Signore, portandole a Lui, ponendole ai Suoi piedi e, cosa ancor più importante, lasciandole nelle Sue mani. Ecco perché Martin Lutero disse: “Prega e lascia che Dio si preoccupi”.

Abbiamo un valido esempio di questa supplica nella preghiera elevata da Gesù nel giardino del Getsemani. Di fronte al Suo imminente arresto, e alla conseguente condanna a morte, Gesù è affranto, potremmo dire letteralmente distrutto, al punto che mentre prega suda come grosse gocce di sangue.

Egli prega: “Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice!”, e subito dopo aggiunge: “Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi” (Vangelo di Matteo 26:39). Che cosa ha fatto Gesù? Ha ubbidito al comando di non lasciarsi dominare dall’angoscia e di lasciare a Dio ogni preoccupazione. Porta la Sua ansia al Padre e gliela consegna. Tuttavia, la supplica non è l’unica risorsa a disposizione nella preghiera contro gli attacchi d’ansia.

La kryptonite contro le preoccupazioni

L’apostolo Paolo raccomanda che la nostra supplica a Dio sia accompagnata “da ringraziamenti”. È una sorta di umile riconoscimento: “Grazie, Signore, per avermi ascoltato”. È una dimostrazione di gratitudine poiché Dio ha inclinato il Suo orecchio e ha aperto il Suo cuore premuroso. Questa gratitudine dovrebbe essere parte delle nostre preghiere, indipendentemente dal fatto che Egli risponda nel modo da noi desiderato.

La verifica della maturità della nostra fede si realizza quando siamo disposti a ringraziare anche se la prova ha avuto un esito terribile.

Si tratta di ricordare che Dio è buono e che opera per il nostro bene. Che dà e toglie, e in ogni momento il Suo nome dovrebbe essere benedetto.

In ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti” (Filippesi 4:6). In ogni cosa, dice Paolo. Perciò riempiamo lo spazio dove l’ansia cresce con umili invocazioni, chiedendo “Aiutami Signore”. Ci sono suppliche che sono piene di ringraziamento per la bontà di Dio, per i Suoi doni e il prezioso Evangelo che ci ha trasmesso. La Parola del Signore è una sorgente di gioia a prova di bomba. La Bibbia, nel veicolare delle verità eterne, infonde stabilità nel cuore di tutti quelli che credono. Ed è una fonte di ringraziamenti “in ogni cosa”.

Ringraziamento e preoccupazione non possono occupare lo stesso spazio. Il ringraziamento è la kryptonite della preoccupazione. Non puoi preoccuparti se stai ringraziando. Quando andiamo a Dio con la nostra supplica e il ringraziamento, la preoccupazione e l’ansia fuggono come scarafaggi nel momento stesso in cui accendi la luce. Qualcos’altro prende il loro posto: “E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù (Filippesi 4:7).

L’amore maturo e santo è un sentimento sincero, integro, corretto. Unisce il pensiero e la dimensione affettiva, come fa Paolo in Filippesi 4:7 quando afferma che la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i nostri cuori e i nostri pensieri.

John Piper dice che l’intelletto esiste per gettare legna nella fornace dei nostri affetti per Dio. E poiché l’apostolo Paolo è decisamente collaborativo, ci fornisce immediatamente istruzioni per custodire al meglio la nostra mente in Cristo Gesù. Ci dice come regolare la nostra mente in modo che possiamo gettare continuamente dei ceppi nella fornace dei nostri affetti per Dio.

Matt Chandler

Da Matt Chandler e Jared C. Wilson
VIVERE È CRISTO MORIRE È GUADAGNO
Un manifesto sulla maturità cristiana
ADI-Media

(da Cristiani Oggi luglio/agosto 2019)